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Il docufilm che racconta come TP Italia ha cambiato il modo di lavorare al Sud

È stato presentato in anteprima al Cinema Barberini di Roma il docufilm “Non chiamatelo Call Center”, una produzione LuckyHorn Entertainment in collaborazione con TP Italia. L’opera racconta la trasformazione di un’azienda nata nel Sud Italia e oggi tra le principali realtà nazionali nel settore dei servizi digitali e della customer experience. Alla proiezione, che si è tenuta il 13 ottobre, è seguito un dibattito moderato dal giornalista RAI Mattia Iovane, con la partecipazione del CEO di TP Italia Diego Pisa, del CFO e direttore HR Gianluca Bilancioni, della giornalista Maristella Massari e dell’autore Marco Fanizzi.

Il film utilizza la storia di Gea, una giovane laureata romana, per introdurre il pubblico al mondo di TP Italia e al contesto economico e sociale di Taranto, dove l’azienda ha una delle sue principali sedi. È attraverso il suo sguardo che vengono mostrati i cambiamenti di una città storicamente legata alla grande industria e oggi protagonista di un esperimento imprenditoriale che punta sulla centralità delle persone.

Fondata come parte del gruppo Teleperformance, TP Italia ha avviato un percorso di trasformazione nel 2016, quando la guida dell’azienda è passata a Diego Pisa e Gianluca Bilancioni. Da quel momento l’impresa ha progressivamente abbandonato il modello tradizionale del “call center”, investendo in welfare, formazione, smartworking e innovazione tecnologica. Nel 2025 è stata riconosciuta come Best Workplace nella classifica Great Place to Work® per le aziende con oltre mille dipendenti.

Il docufilm si concentra su questa evoluzione, raccontando come il nuovo management abbia voluto ridefinire la cultura aziendale. Tra i progetti avviati figurano uno sportello di supporto psicologico aperto anche ai familiari dei dipendenti, programmi di volontariato nei quartieri più difficili della città e il primo accordo strutturale di smartworking nel settore dei servizi di customer experience.

Le voci presenti nel film non si limitano al mondo aziendale. A parlare sono anche figure del territorio come don Alessandro Argentiero, parroco del quartiere Tamburi di Taranto, e Teresa Tatullo, fondatrice dell’associazione Alzaia ETS contro la violenza di genere. Attraverso questi contributi, “Non chiamatelo Call Center” amplia la prospettiva, mostrando come un’impresa possa incidere sul tessuto sociale della città in cui opera.

Il progetto di TP Italia è stato accompagnato da risultati economici concreti: secondo i dati interni, l’assenteismo è sceso dal 12 al 3 per cento, mentre i bilanci sono tornati in attivo dal 2021, dopo le perdite registrate nel 2020. Per l’azienda, la trasformazione organizzativa ha significato anche un miglioramento della produttività e un aumento della soddisfazione dei dipendenti.

L’opera di Fanizzi, con il contributo giornalistico di Maristella Massari e Claudio Brachino, affronta anche il tema del linguaggio e della percezione pubblica del lavoro nei centri di assistenza clienti. Il titolo stesso, “Non chiamatelo Call Center”, diventa un invito a superare una definizione considerata riduttiva e spesso stigmatizzante, per riconoscere il valore umano e professionale di chi opera in questo settore.

Il film, che sarà distribuito nelle prossime settimane in diversi festival e rassegne aziendali, parla anche del futuro del lavoro nel Mezzogiorno e del ruolo delle imprese nella costruzione di modelli sostenibili di sviluppo. Una narrazione che unisce testimonianze, dati e prospettive, mostrando come anche da un contesto industriale complesso possa nascere un laboratorio di innovazione sociale.

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